Un matrimonio e la sua dote

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Fascicolo n. 92 , carta 1.

Il fascicolo contiene varia documentazione su contratti, stime e mappe di terreni nel Comune di Montignoso per gli anni 1757-1859. In questo documento il notaio Pietro Quadrelli certifica un passaggio di beni per Dote.

Nella carta 1 si legge:

«A di 25 aprile mille ottocento venticinque. Certifico io sottoscritto notaro pubblico massese come nell’istrumento di Dote seguito fatto il corrente giorno in atti miei tra Iacopo fu Pasquale Inghirami del Prado e Gaetano di Gio Bondielli della vicinanza di Capaccola, detto Inghirami per dote ed in mome di dote di Francesca sua figlia futura sposa a detto Bondielli oltre gli altri beni [assegnis] a detto futuro sposo, un pezzo di terra boschiva di Pertiche cento circa situata nelle pertinenze di Montignoso Stato Lucchese in loco detto al Campano a confine della strada a fossa […]. Altro pezzo di terra boschiva in detta pertinenza luogo detto alla Fossa di Gio marco di pertiche centocinquanta circa a confine della strada di [Nicola] Giorgini a fossa […] valutati massesi scudi duecento novanta nove. Tanto più diffusamente appariscie dal citato contratto ai miei rogiti al quale abbiasi relazione. Pietro Quadrelli notaro pubblico massese, in Fede».

Si noti il sigillo notarile di Pietro Quadrelli che, sotto simboli grafici della probabile arma di famiglia, riporta le sue iniziali.

Interessante ricordare come il sigillo sia per l’atto notarile di una valenza non meramente rappresentativa.

«Si potrebbe quasi dire che il sigillo sia il notaio stesso […]»1. Nell’atto notarile, redatto secondo determinate forme e recando l’impronta di una matrice che è propria solo di quel notaio, grazie al sigillo si riconosce immediatamente la publica fides, e se venisse a mancare la carta, priva del signum, perderebbe tutto il suo valore. I notai sceglievano accuratamente cosa rappresentare nel proprio sigillo, quando l’arma di famiglia quando le sole iniziale, ma sempre in autonomia, fino al 1806, quando lo Stato moderno napoleonico, con il decreto del 17 giugno 1806, n. 109 «Regolamento sul notariato» stabilì una rappresentazione (quasi) uguale per tutti: «Questo rappresenta le armi del Regno, ed al di sotto una cifra ad arbitrio, ed ha le lettere iniziali del nome, cognome del notaio, della sua qualificazione di Notaio, e il nome del dipartimento della sua residenza». Francesco IV tolse di mezzo l’aquila napoleonica ad ali abbassate per sostituirvi quella estense ad ali spiegate, e mutò la forma della matrice da circolare ad ellittica, ma pur sempre il modello era unico e uguale per tutti, e il Regno d’Italia si comportò allo stesso modo: cambiò nuovamente la forma, che tornò ad essere circolare, ovviamente cambiò l’emblema ma il sigillo notarile era tipizzato e uguale per tutti.2

È evidente che Pietro Quadrelli, che troviamo attivo come notaio ancora nel 18583, nonostante siano passati oltre 15 anni dal nuovo regolamento napoleonico, e siano già tornati gli Estensi a governare sulla città, non ha modificato il suo sigillo, come verosimilmente gran parte dei notai massesi e delle zone periferiche degli Stati preunitari.


1. Paola Meschini (a cura di), I sigilli notarili del Museo dell’Archivio di Stato di Reggio Emilia, parte I, Archivio di Stato di Reggio Emilia, 2017. Consultabile all’indirizzo http://www.archivi.beniculturali.it/index.php/news-home/biblioteca-digitale/item/3014-biblioteca-digitale-%7C-i-sigilli-notarili-del-museo-dellarchivio-di-stato-di-reggio-emilia
2. ibidem
3. Almanacco della Reale corte degli Stati Estensi, Modena, per gli eredi Soliani, 1858